Ciao amici e benvenuti al secondo articolo sulla mia esperienza in Egitto. Io sono Luigi Manca, conosciuto come Gigi, ho frequentato le medie e il liceo classico all’Istituto Salesiano di viale fra Ignazio e ora studio economia all’università di Cagliari. La scorsa volta vi ho parlato della mia prima settimana nella casa di Alessandria d’Egitto, delle mie prime impressioni e dell’impatto che ha avuto su di me l’incontro quotidiano con dei ragazzi musulmani e con una cultura lontana dalla nostra. In questo episodio vi voglio parlare della mia seconda settimana, soprattutto degli ultimi tre giorni che abbiamo passato nella capitale, Il Cairo.

Siamo partiti venerdì 29 luglio intorno alle 18:00 da Alessandria e siamo arrivati alla casa salesiana di Rod el-Farag, al Cairo, intorno alle 23:00. Le due città distano circa 3 ore di macchina, ma tra il traffico e alcune pause per sgranchirsi le gambe e prendere la cena abbiamo impiegato 5 ore. Per cena abbiamo mangiato un cibo tipico del Medio Oriente che noi erroneamente chiamiamo kebab. Il vero nome del piatto è shawarma e vi posso assicurare che in Egitto ha tutto un altro sapore. Terminata la cena, siamo andati nelle nostre camere per riposare, pronti a vivere l’indomani la giornata più faticosa di tutta l’esperienza. Il sabato abbiamo celebrato la messa alle 8:00 e dopo una veloce colazione siamo partiti alla volta delle Piramidi.

È solo ammirando le Piramidi che si può comprendere il perché siano tra le 7 meraviglie del mondo antico (più precisamente solo la più grande, quella di Cheope). Davvero l’uomo è riuscito a costruire degli edifici così geometricamente perfetti e maestosi senza tutte le strumentazioni di cui disponiamo ai giorni nostri? Al contrario dell’opinione diffusa che le Piramidi siano state costruite da schiavi, questi edifici sono stati realizzati da persone comuni che hanno messo a disposizione il loro tempo e le loro energie a servizio della comunità. Questo significa che il popolo egizio si è dedicato nella costruzione di qualcosa in cui credeva profondamente, il che rivela un senso di unione straordinario e lodevole.

Dopo la visita alle Piramidi ci siamo spostati al Museo Egizio del Cairo. Per quanto riguarda la storia dell’antica civiltà egizia, il museo del Cairo è il più grande al mondo, nonostante la maggior parte dei reperti non sia tanto valorizzata. Sicuramente il pezzo più bello di tutta la collezione è la maschera di Tutankhamon, un gioiellino da 10 kg di oro.

Dopo un pranzo particolarmente abbondante, ci siamo spostati nel centro della città. Per descrivere le strade dove siamo passati basta una sola parola: persone. È proprio nel cuore del Cairo che si percepisce la grandezza della capitale, abitata da più di 20 milioni di persone e frequentata da più di 5 milioni di pendolari, che paragonati ai 420.000 abitanti della Città metropolitana di Cagliari sono davvero tanti. Ma un altro particolare, non di poco conto, è quanto le strade siano affollate. Giusto per farvi capire, se la densità di abitanti di Cagliari è 1760 persone ogni chilometro quadrato (148.000 abitanti distribuiti in 85 km²), la densità del Cairo è di 17190 persone ogni km². Ovunque ci girassimo trovavamo tantissima gente intenta a vendere, comprare, lavorare e fare ogni azione possibile immaginabile. La grandezza e l’imponenza della città viene rimarcata anche dagli stessi egiziani, che chiamano il Cairo Egitto.

Una grande differenza con Alessandria sta proprio in questo. In confronto al Cairo, infatti, Alessandria sembra una cittadina tranquilla, nonostante conti più di cinque milioni di abitanti. Anche la qualità dell’aria è nettamente inferiore al Cairo rispetto ad Alessandria, tanto che è nella capitale la temperatura è più alta e si riesce a vedere lo smog a occhi nudi.

In mezzo al trambusto del cuore commerciale cittadino, abbiamo visitato due chiese: una francescana e una copta. La visita a questi due edifici è stata davvero toccante, poiché abbiamo potuto comprendere meglio la situazione dei cristiani nella capitale dell’Egitto, un Paese nel quale una fetta di popolazione tra l’80 e il 90% è di religione islamica. Un particolare interessante della visita alla chiesa copta è stato il fatto di trovarsi in una sorta di ghetto, un piccolo quartiere provvisto di cancelli all’entrata e all’uscita e controllato da guardie che difendono i Cristiani da possibili attacchi. È opportuno dire che in Egitto i Cristiani sono protetti dal Governo e le chiese sono sorvegliate dalla polizia 24h su 24. È chiaro che la situazione è differente da quella italiana, uno stato culturalmente e strettamente legato al cattolicesimo; tuttavia, non bisogna esagerare nel considerare i rischi e i pericoli in Egitto.

Dopo un’ultima camminata al mercato e una cena a base di dolci siamo rientrati a casa, stanchi e anche un po’ confusi.

La mattina dopo abbiamo visitato la moschea di Muhammad Ali, una meraviglia sia per gli occhi che per lo spirito, e ci siamo spostati verso tre chiese ortodosse. In questi tre giorni abbiamo scoperto la situazione delle varie fedi presenti al Cairo, almeno di quelle più diffuse, ed è stato veramente interessante entrare in maniera più approfondita nella cultura del luogo. Inoltre, per tradizione, si dice che in alcuni luoghi che abbiamo visitato sia passata la Sacra Famiglia, in fuga in Egitto dalla strage degli innocenti ordinata da Erode (Mt 2, 1-16). Trattandosi di una tradizione non siamo certi della sua veridicità, ma sicuramente rende la visita di alcuni luoghi più suggestiva e anche interessante.

Dopo un pranzo a base di Koshari, un piatto tipico egiziano, siamo partiti verso Alessandria, dove siamo arrivati intorno alle 19.

Concludendo, sono stati tre giorni ricchi di informazioni, di scoperte e di emozioni. È difficile per me in questo momento spiegare le tante sensazioni che ho provato e tutti i pensieri riguardo il fine settimana al Cairo. Sicuramente è un qualcosa di cui non si può fare a meno per vivere l’esperienza missionaria al completo. Tornando alla testimonianza di suor Carla (se vi siete persi il primo episodio dove parlo anche delle suore di Charles de Foucault lo trovate sul sito, Musulmani…fratelli), secondo lei è fondamentale entrare nella cultura del popolo con cui ci si relaziona. La visita alle Piramidi, alla chiesa francescana, a quella copta, alla moschea e alle tre chiese ortodosse, per non parlare del cibo tipico, sono tutte esperienze che ci hanno arricchito personalmente, ma che ci hanno anche aiutato a capire alcune dinamiche che prima erano incomprensibili.

Riguardo alla cultura diversa, nel prossimo articolo vi parlerò di alcune differenze che mi hanno incuriosito particolarmente, tra le quali c’è il ruolo e la differente concezione della donna, un tema che mi sta particolarmente a cuore e che mi ha colpito, probabilmente perché sono partito con idee differenti da ciò che ho trovato qui.

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Grazie, vi penso e prego per voi.

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