Ciao a tutti amici, eccoci all’ultimo articolo dedicato alla mia esperienza in Egitto. Io sono Gigi e sono un animatore dell’opera di Cagliari di viale fra Ignazio e ho vissuto un mese nella casa salesiana di Alessandria d’Egitto per fare un’esperienza missionaria.
Negli scorsi articoli vi ho parlato dell’impatto che ha avuto su di me l’incontro con tanti giovani musulmani, del Cairo e delle sue particolarità e della figura femminile nel mondo arabo. In questo ultimo articolo voglio condividere con voi alcune riflessioni sull’esperienza in generale.
Inizio dicendovi che la quarta settimana è stata molto bella e intensa, forse più delle altre. Nell’aria si respirava un clima leggermente malinconico perché si avvicinava la fine dell’esperienza e questo ci ha spinti a vivere gli ultimi momenti della missione con più profondità e intensità. La festa di fine Estate Ragazzi, la cena con tutti gli animatori prima di partire e altri momenti di questo tipo, sono stati un bellissimo modo per coronare quattro settimane di santità e gioia. Ma eccovi alcune mie considerazioni.
Sono state quattro settimane stupende che non dimenticherò mai, forse le quattro settimane migliori della mia vita. Tuttavia, non si tratta della normalità. Vi posso assicurare che il rischio del mal d’Africa è davvero alto. Il mal d’Africa è la forte sensazione di nostalgia di chi è stato nel continente e desidera tornarci. Fare un’esperienza di questo tipo significa tornare a casa arricchiti e pronti a restituire nel quotidiano ciò che si è ricevuto, consapevoli che la propria vita non è in Egitto, ma in Italia.
È normale, però, che ci siano alcune cose di cui si sente la mancanza nel quotidiano. Una delle tante è il vivere in comunità. La preghiera insieme il vivere alcuni momenti insieme a salesiani e coetanei è bello e normale che un po’ manchi. Inoltre, eravamo circondati da persone poco stressate che raramente si lamentavano, semplici e affettuose e questo mi manca tanto. Tornato in Italia, ho trovato tante persone che si lamentavano di un sacco di cose nonostante avessero tutto, che per stare bene hanno bisogno di cose sofisticate e così via. Mi sono reso conto di essere partito così e di essere tornato trasformato, anche se sempre lo stesso Gigi e inserito nella mia cultura, che apprezzo davvero tanto e alla quale sono profondamente legato.
Vista la bellezza dell’esperienza mi sono fatto una domanda sulla quale ho riflettuto tanto: è un’esperienza adatta a tutti? La mia risposta è no! Ognuno di noi è fatto per alcune esperienze e non è detto che una missione sia adatta a tutti. Certo è che è importante dare spazio a un’eventuale maggiore sensibilità missionaria (dico maggiore perché la salesianità è di per sé missionaria) e ci sono tante persone disponibili al dialogo e al confronto per questo, oltre a tutte le attività proposte. Io spero di provocare in voi qualcosa come sono stato provocato io, perché davvero ne vale la pena, al contrario di come a volte sembra.
L’ultimo pensiero che vi voglio lasciare riguarda l’uscire dalla propria Terra. In questi venti anni di vita ho avuto la fortuna di viaggiare tanto e di questo sono tanto grato. Viaggiando e visitando altri luoghi si scopre la vita al di fuori del proprio orticello e questo fa tanto tanto bene. A volte perdiamo la concezione della realtà a causa di sovrastrutture sociali importanti che ci mandano in confusione e il modo migliore riscoprire il valore delle cose importanti è proprio viaggiare. Sto parlando chiaramente di un certo tipo di viaggi, nei quali ci si cerca di entrare nella cultura del luogo e di capire come vivono le persone. Il mondo non si ferma all’Italia e uscire dalla propria zona di comfort fa apprezzare di più ciò che si ha e aiuta tanto a crescere.
Concludo questo breve articolo con alcuni ringraziamenti importanti. Prima di tutto al buon Dio, che mi ha donato di fare un’esperienza stupenda di santità. Dopodiché voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato a partire, la comunità e le persone che ci hanno accolti e il gruppo di ragazzi con il quale sono partito. Infine, voglio ringraziare voi, che siete la comunità nella quale sono cresciuto e che da nove anni mi fa sentire accolto e voluto bene e che mi ha sostenuto per tutta la missione. Spero di avervi lasciato qualcosa e di continuare a fare del bene come ho sempre cercato di fare. Grazie.